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Dubito ergo sum

Dubito ergo sum è una frase di Sant’Agostino poco nota; è più famoso il detto latino “cogito ergo sum”, penso quindi sono, ma a quanto pare si può essere anche attraverso il dubbio. Non conoscevo questa frase, ci sono arrivata per caso, cercando dei giochi di parole che potessero introdurre una riflessione personale riguardo al valore dell’incertezza.

Perchè dubitare? Non va contro i buoni propositi di sicurezza, autostima, autoefficacia molto cari alla psicologia? Per rimanere in tema, inizio a dubitarne.

In questo periodo storico vanno per la maggiore le forti prese di posizione, al governo su alcuni temi le idee sono chiare e ferme e questo può rassicurare alcune fasce di popolazione, al di là delle specifiche idee politiche: avere limiti e confini chiari, in ogni ambito, è oggettivamente rassicurante, dà contenimento, si prospetta un’unica strada dritta da seguire.

Niente mi fa più paura di questo.

Elogio al dubbio: quando dubitare significa vedere più di una strada, considerare diverse possibilità, essere curiosi e aperti, farsi domande invece di darsi delle risposte.

Darsi la possibilità di cambiare idea e sviluppare un pensiero nel tempo: lo stesso Carl Gustav Jung, che spesso nomino nei miei articoli, cambiava idea molto spesso sulle sue stesse teorie, tanto che leggendo varie opere si possono trovare frasi discordanti se non opposte. Questo perchè quelle di Jung in realtà non sono teorie, ma è un pensiero, e il pensiero è soggetto al cambiamento, così come lo siamo anche noi nelle nostre vite, continuamente. Basta incontrare un amico dopo molto tempo o rileggere un vecchio diario (o riguardare i “ricordi” proposti dai nostri social media!): quella persona ci troverà diversi, che sia nel fisico o nello spirito, o sarà diversa la nostra vita nel lavoro, negli hobby o nelle relazioni, e similmente, rileggendo vecchie pagine, troveremo diversa magari la nostra scrittura, o ci stupiremo dei contenuti e dei pensieri riportati sulla carta.

La psicologia stessa è la professione del cambiamento, quando cambiare è difficile o fa paura. Banalmente (ma non per chi si trova a vivere queste situazioni), rimanere incastrati in un percorso di studio inconcludente, in un lavoro che non ci piace o in una relazione che non ci dà più emozioni o benessere, non è una difficoltà a cambiare? E per cambiare bisogna prima dubitare, mettere in discussione, o peggio ancora, mettersi in discussione.

La salute mentale è spesso definita come una buona capacità a muoversi nel cambiamento e di essere flessibili: dice un detto zen, davanti al vento forte della tempesta, il giunco si piega, la forte e maestosa quercia si spezza.

Ecco la mia riflessione di questi giorni: forse gode di migliore salute psicologica chi dubita, chi è curioso, chi fa e si fa domande. Ma il dubbio, se da un lato predispone al cambiamento, dall’altro espone all’ansia, all’assenza di sicurezza e rassicurazione che solo una strada dritta può dare.

Per cui, se a volte provate un po’ di ansia rispetto ai vostri pensieri e dubbi, non cercate di cacciarla via come una nemica: entrate piuttosto in dialogo con lei, immaginatevela reale e corporea, come una vecchia amica che è tornata a farvi visita, col suo carico di paure, saggezza e di bellezza in dono per voi, dopo aver molto viaggiato. Impariamo dall’ansia, accogliamola come parte normale della vita, sapendo che ha anche aspetti costruttivi. Come quando, prima di un esame scolastico/accademico o di una prova sportiva o una presentazione a lavoro, proviamo quell’ansia che non ci paralizza, ma ci dà la carica per affrontare la performance al meglio.

Ode all’ansia, quando è buona, ed elogio al dubbio e a chi si permette di cambiare opinione. A volte per ritrovarsi bisogna perdersi, abbandonare la via maestra. Usando le parole di Clarissa Pinkola Estès in Donne che corrono coi lupi:
“Se non vai nei boschi, nulla accadrà mai, e la tua vita non avrà mai inizio”.

Una psicologia che ci mette la faccia

Ho iniziato a divulgare corrette informazioni sulla salute psicologica, la psicologia di Jung e il lavoro sui sogni.

Se mi vuoi conoscere o sostenere il mio progetto, questi sono i canali che utilizzo maggiormente:

  • BLOG sul sito torinopsico.com
  • INSTAGRAM per divulgare contenuti “a voce” attraverso l’utilizzo delle stories
  • FACEBOOK per informare sugli eventi e i workshop che organizzo

Cerchiamo di creare insieme un mondo virtuale buono e sostenibile.

Grazie!

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Il valore della creatività: l’immagine è psiche

Per la psicologia analitica di Jung, l’immagine è molto importante, che sia rappresentata graficamente o con altre tecniche creative (statue, edifici, ecc) o che sia un’immagine onirica, quindi dei sogni notturni, o della fantasia e dell’immaginazione. Per Carl Gustav Jung L’IMMAGINE E’ PSICHE. Questo ci introduce alla psicologia immaginale: per lavorare con la psiche si utilizzano le immagini e la creatività.

LE IMMAGINI E LA PSICOLOGIA IMMAGINALE

“Ogni psicologia che sceglie come sua meta l’anima deve parlare in termini immaginativi”

James Hillman (1926-2011) è stato psicoanalista junghiano e più precisamente un originale post-junghiano, fondatore della psicologia archetipica. Uno dei suoi cambiamenti riguarda il concetto di anima.
Per Hillman L’ANIMA E’ IL LUOGO IN CUI RISIEDONO LE IMMAGINI; quando parla di “fare anima” intende il processo con cui si elaborano le immagini, ovvero il fatto di maneggiare la materia della psiche. Jung stesso scriveva che “ogni accadimento psichico è un’immagine e un immaginare” (1979). Quando si pensa, quando si sogna, si usano le immagini più che le parole; e sono le immagini a scatenare in noi emozioni fortissime.

La danza di Matisse; è un girotondo intorno al mondo…

Ma perchè parlo di anima? Cosa significa? Per Hillman:

“Usiamo il termine anima per riferirci a quel fattore umano sconosciuto che
rende possibile il significato, che trasforma gli eventi in esperienza, che si comunica nell’amore e che ha un’ansia religiosa”.

Rischiando di banalizzare questa bellissima citazione: si riconosce subito una persona “senz’anima”. Vuota, piatta, senza sentimenti. Può succedere quando manca “quel fattore umano sconosciuto”.

“FARE ANIMA” SIGNIFICA ESPLORARE LA TERRA DELL’IMMAGINALE

“Fare anima” è un’espressione che Hillman utilizza, ma a sua volta la prende in prestito dal poeta John Keats, che in una lettera nel 1819 scrive:

“Chiamate, vi prego, il mondo la valle del fare anima. Allora scoprirete a cosa serve il mondo”

Anche per Keats fare anima significa sviluppare la propria individualità permettendo a MENTE, MONDO E CUORE di interagire fra loro.
Citando Selene Calloni Williams, allieva di Hillman (2013):

“Fare anima è un’attività delle profondità […] un viaggio che chiunque può intraprendere […] Fare anima è prendere gli oggetti, le persone, gli eventi e riportarli alla loro natura di ombre, di immagini” e “significa affrontare il viaggio verso la Grande Soglia – che è la terra dell’immaginale.”

John Keats ritratto da William Hilton

E voi avete mai visitato la valle del “fare anima”? Siete persone che coltivano la creatività? Se ricordate i vostri sogni, amate leggere (qualsiasi genere sia), tenete in conto l’arte… probabilmente la risposta è sì. Queste piccole cose permettono di tenere un legame con le immagini e quindi con le emozioni, i sentimenti e la nostra stessa psiche. Sono piccoli passi che ci permettono di essere persone più consapevoli e profonde, in grado di vivere la vita in tutta la sua pienezza.

Una psicologia che ci mette la faccia

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